tirsdag 12. juni 2012

Prove generali pt. 2


Cecilia Ritter (o Cecilia Sterling, a seconda delle rivendicazioni materne) entrò imprecando tutte le puttane da guerra della giornata. 
Al saloon c'era sempre gente a sufficienza da costringerla a qualche stancante occhiata in cagnesco, condita d'un ghigno strafottente e selvatico. 
I capelli ricci, d'un castano intenso, non incontravano un pettine da tempi non sospetti. Decisamente alta, decisamente magra, camminava dentro ai propri jeans strappati ostentando una grazia istintiva, una delicatezza francamente assurda, data l'apparenza scapigliata. 
Si sedette sullo sgabello, al bancone, aggrovigliando le gambe sotto al sedere con pigra agilità. Le dita stropicciavano infastidite la maglietta macchiata di caffé.
-Puttanedaguerra...
Ripetè, mordicchiandosi il labbro inferiore. 
Jimbo, dall'alto dei suoi innumerevoli anni, la scrutò con una certa, rustica simpatia. Si appuntò su di lei qual tanto che bastava a farsi un quadro generale esauriente del tipo in questione. Dopo secoli, di lavoro tra ubriachi, risse e pallottole aveva appreso una certa dimestichezza con l'interiorità umana. 
-Una birra
Domandò la ragazza, col solito tono trascinato e spavaldo. I tratti dolci del volto cozzavano con lo sguardo schivo e affilato. Le dita lunghe cavarono un pacchetto di sigarette dalla tasca e ne brandirono una con determinazione. Quando giunse l'ordinazione, Cecilia stava già fumando, adagiata sul proprio cruccio infantile e capriccioso. Si butto sul boccale come un'ape in un secchio di miele, tenendo sollevata la cicca nella mano libera. 
Cecilia Ritter beveva ad una velocità disarmante, nonostante il faccino, nonostante i movimenti naturalmente aggraziati.
- Che c'è? Problemi?
Chiese, quando si accorse che Jimbo la fissava tra un bicchiere lavato e l'altro asciugato. Il barista non parve risentirsi del suo tono strafottente, anzi. 
- Più cresci, più assomigli a tua madre 
Cecilia guardò il vecchio, poi la propria birra, poi il vecchio. E si esibì in una plateale alzata di spalle, senza commenti di sorta. Era evidente che i due si conoscevano. La ragazza non doveva essere nuova, di quelle parti, a giudicare dalla conversazione. Almeno, a grandi linee. 
- A proposito, come sta? 
Cecilia posò il boccale, passando la lingua sulle labbra. Gomiti puntati sul banco, schiena incurvata data la posizione non proprio educata. Si concesse la briga di rispondere sapendo che l'autonomia verbale di Jimbo, a cui l'età aveva conferito una sorta di aura sacrale, si sarebbe esaurita in poche battute.
- Siamo tornati qua da poco. Ed Eir sta... bene. Almeno, quarantacinque minuti fa stava bene. Adesso, chi lo sa. A mia madre servono molto meno di tre quarti d'ora, per mettersi nei guai. 
Sorrise. Ed il sorriso era, chiaramente, quello di Sterling, benché il sarcasmo fosse in gran parte farina paterna. Jimbo si ritenne soddisfatto delle spiegazioni; stava giusto per scomparire nelle cucine quando Cecilia lo fermò, appuntandogli una domanda sulla schiena. 
- Conosci un certo.. Paul? 
La buttò lì, con l'aria distratta di chi pretende tu creda al suo disinteresse.
- Solo in questo posto lavorano due Paul 
- Il mio è biondo, capelli lunghi, coetaneo, faccia da schiaffi...
- Il tuo? 
La puntualizzazione la portò a trasalire. 
- Sì, cioè... no, no... non mio in quel senso... no, eh...
Cecilia si incupì, tirando in secca il proprio orgoglio ferito. S'attaccò al filtro, scivolando giù dallo sgabello lentamente, ma con determinazione scontrosa. Fingendo totale distacco, posò qualche dollaro per saldare la consumazione e si avviò all'uscita. 
Prima di guadagnare l'esterno, fece in tempo ad elargire un'ennesimo dito medio, a chiosa d'un commento audace sul suo di dietro.
Pessima giornata, Ritter. Pessima. 


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