Black Oak Ranch,Oak Town, 2437
-Dove state andando?-
Cecilia Ritter piombò alle spalle di Paul ("state" era ridondante) con una mano sul fianco.
- Puttanedaguerra.- protestò lui, trasalendo.- Sembri mia madre. E un po' anche la tua. E' inquietante, cazzo.-
- Dove vai? La festa non è finita.-
-Sì perché di solito noi restiamo fino all'ultimo. Fino alla preghiera di benedizione, eh?-
Noi. Di solito erano loro due.
Quando voleva, Paul sapeva essere cattivo.
No, non è vero. Era una cattiveria stolida e infantile, riuscita male.
-Comunque. Stiamo andando verso il fiume. Vieni? Oh, aspetta. Devi chiedere il permesso.-
Appunto.
- Quella che ti stai portando dietro è una cretinetta di Capital City che vuole solo divertirsi.-
- Ma va'.-
- E' venuta qui con Mary Keller.-
-Che è già sulla collina con Jaden, perciò...se hai finito il terzo grado, io andrei.-
Cecilia seguì le lunghe gambe di Paul scavalcare lo steccato con gli occhi stretti stretti e cattivi.
Quella era cattiveria come si deve.
- Gli verrà la sifilide.- decise.
- Non è un po' cattiva? Finisce che poi ha conseguenze sul cervello e ...no, non me lo ricordo, era l'esame complementare di malattie della Terra-che-fu.- Tristan emerse dall'ombra indolente, le mani nelle tasche.
Cecilia sghignazzò, voltandosi a guardarlo.
- Dovrebbe avercelo un cervello prima.-
-Mmmm- lui le offrì una sigaretta e gliela accese, prima di fare lo stesso con la sua.-Non è che tante volte sei nel posto sbagliato con la persona sbagliata?- chiese, tranquillo. Sembrava quasi più curiosità, la sua. Anche se Cecilia vedeva la patina sottile ed educata di irritazione che lo ricopriva ogni volta che aveva a che fare con Paul.
- Regola numero uno: Paul Carter sarà sempre giusto in mezzo tra me e te come tra me e chiunque altro.-
Tristan allargò le mani.
-Comandi, signora. Esiste una regola numero due?-
-Ci saltiamo la benedizione finale e andiamo a pomiciare al granaio.-
Tristan ridacchiò piano. Strinse la mano affusolata di Cecilia nella sua e la seguì, completamente in balia delle sue regole.
-Mi hai portata qui ssssolo per il ssssesso.- dichiarò allegra l'amica di Mary Keller.
-Dio mio, no.- le assicurò depresso Paul. Buttò giù un altro sorso di una birra troppo leggera mentre non le prestava attenzione. Più che altro, le lanciava di tanto in tanto un occhio per assicurarsi che non finisse nel fiume ubriaca da sprovveduta core quale era.
-Mmm e allora com'è che continui a farmi bere.- disse lei, l'occhio languido, l'equilibrio anche.
-Nella speranza che tu chiuda il becco.- le spiegò lui con dolcezza. Tanto la mattina dopo l'avrebbe dimenticato. Lei.
Lui se la sarebbe ricordata abbastanza da tenere a mente che doveva girarle alla larga. Lei e quella scema dell'amica sua.
Non aveva nessuna intenzione di accollarsi la forestiera, se ne stava andando al saloon in santa pace.
Ma poi...era stato precipitoso e Cecilia era stata determinante nel direzionare la sua fuga.
-Che accidenti vuole, ha il suo dottorino.- borbottò. L'amica di Mary Keller si lisciava i lunghi capelli da sirena. Si era seduta tra l'erba con fare regale. Per il momento era innocua.
Jaden avrebbe pagato, se mai fosse sceso dalla collina.
Gli sembrava di vedere un holofilm che cominciasse da un punto errato e proseguisse un po' a ritroso e un po' no. Era tutto sbagliato. Lui doveva essere sotto la Quercia con qualcun altro, rilassarsi, essere felice, godersi l'estate e non pensare a niente. E bere roba migliore di quella.
Fortunatamente non c'era lì un Tristan a fargli la domanda.
La risposta sarebbe stata sì: era nel posto sbagliato con la persona sbagliata.
WARWHORES
The ultimate BoS Spinoff
mandag 23. juli 2012
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torsdag 19. juli 2012
Strangers
Oak Town, 2437
Cecilia Ritter corse giù per le scale scalza, con la grazia animalesca di una ballerina e di un felino.
Era la quinta volta, quel giorno. Aspettava suo padre e doveva essere la prima ad aprirgli per fare ancora una volta il loro stupido gioco, come quando era bambina. Come ogni volta che lui rientrava da un incarico fuori.
Non era minimamente preparata al tipo che si trovò sulla porta e solo il cielo sa di quanta preparazione avesse bisogno.
Uno straniero- un affascinante straniero - stava appeso al soprassoglio e quasi lo sfiorava con la testa. Indossava abiti indubitabilmente core, dalla camicia dal colletto coreano, alla giacca, ai pantaloni, alle scarpe, che non erano i soliti terribili, terribili anfibi cui era tanto affezionato.
-Paul.-
E' vero: Cecilia lo disse in modo molto poco lusinghiero, quasi dubitasse che dietro a tanta figaggine potesse esserci proprio il suo compagno di giochi.
Lo straniero rise, con la voce e quel modo peculiare di Paul, che spingeva la risata su per gli zigomi alti fino agli occhi di un azzurro strano.
Lo straniero aveva anche una mano enorme, e fece il solito gesto rituale di spalmargliela in volto a mo' di brutale carezza, quello con cui si riappropriava di lei, dell'estate, di Oak Town, ogni anno.
- Quanto sei bella, a bocca aperta come una trota.- la canzonò.
Cecilia chiuse la bocca. Guardò i suoi capelli cortissimi, ridotti a uno strato leggero di peluria dorata sotto i raggi del sole morente. I baffi- gli immancabili baffi- la barba, erano un velo curato e appena accennato. Cecilia provò come al solito l'impulso di soffiare per pulirgli il volto.
Gli tirò un pugno nello stomaco. Era rituale anche quello, ma si accorse che lui aveva rinforzato parecchio la difesa addominale.
-Quando sei arrivato.-
-Ora.-
In anticipo. E Cecilia capì che era andato lì dritto dallo spazioporto. Ecco perché indossava ancora abiti core. Si scostò per lasciarlo passare e per riorganizzare in silenzio i suoi organi interni sottosopra. Credeva di avere almeno un altro paio di giorni di tempo, per allestire le difese. Non si vedevano dall'estate precedente. Da quando avevano sputtanato tutto. O meglio: da quando lui aveva mirabilmente sputtanato tutto, l'ultimo giorno. Aveva paura. Tanta.
Così tanta che a Natale aveva temporeggiato fino all'ultimo, prima di scoprire che Paul non si sarebbe allontanato da Gandhi per via del suo addestramento, tirare un sospiro di sollievo e prendere l'ultima nave che la portasse a casa sotto l'albero.
Paul non si mosse dalla soglia.
-Ciao, Eir.- salutò alzando la voce. Easy. Eir era easy. -Tuo padre c'è? -chiese subito dopo.
Suo malgrado, Cecilia ghignò.
-Sì- mentì con prontezza.
-Mi accompagni a casa?-
-Le due cose sono correlate?- domandò lei divertita.
Lui sorrise con indulgenza accettando le sue prese in giro. Era già a casa.
- Sallie si è fatta scappare con mamma che tornavo oggi. Credo abbia consultato compulsivamente tutti gli orari e se non mi vede arrivare per quando si aspetta ci troviamo i federali a circondarti casa.-
Cecilia rise. Era da Quinn.
- "...è...alto, e grosso, e muscoloso, e ha il porto d'armi e sta studiando per diventare un tiratore...ma vi prego, trovatelo, è così indifeso... non potete lasciarlo là fuori tutto solo...è quasi buio!"- la imitò Paul alla perfezione.
Anche Eir rise, dal piano di sopra.
Cecilia aveva dimenticato per un momento l'angoscia.
Non aveva fatto altro che sognare le sue ultime parole, in quei giorni.
Conosceva Paul come le sue tasche: era un idealista romantico, un adorabile idiota. Come minimo si aspettava di vederlo comparire fervente d'immutato amore e con una proposta di matrimonio.
Invece, si era dovuta ricredere. E si era rilassata.
Prese le chiavi della motorbike.
-No, che fai. A piedi.- impose lui.
Cecilia piombò nel panico di nuovo chiedendosi perché volesse passeggiare con lei e azzardò un paio di risposte per nulla consolanti.
-Dai, muoviti. Che sei diventata mentre non c'ero?-
-Hey, piantala di fare l'atletico- lo avvertì, mentre si richiudeva la porta alle spalle senza riuscire a lasciare in casa il magone.
Paul le prese la mano in un gesto naturale e abitudinario. La guardò quando la sentì irrigidirsi.
-Sul serio non ti va di camminare?- le chiese, perplesso e premuroso.
Adorabile, adorabile ingenuo.
- Sei un bamboccio in un corpo enorme, Carter.-
- Grazie, ma non ho ancora nominato le tue tette, a che devo l'onore?- chiese quieto e divertito.
Cecilia chiuse a chiave ogni pensiero nel cassetto dei calzini e si aggrappò al suo braccio.
Era felice di vederlo. Era felice che fosse lui.
Con grande sollievo di Cecilia, era tutto normale.
Avevano proseguito per un bel tratto, raccontandosi di tutto. Si tenevano per mano, costeggiavano il sentiero camminando sui due margini opposti, si spintonavano in ogni occasione, si insultavano e tornavano a cercarsi.
Non aveva mai sentito Paul tanto loquace e un po' amava e un po' temeva quella luce vagamente fanatica nel suo sguardo.
-...e la tenda?-
Non si era accorta di quanto vicini fossero alla Quercia, finché il tono da bambino deluso di Paul non l'aveva richiamata alla realtà. Avvampò, ma mantenne il controllo.
-Beh, ti aspettavo, no?-
No. Di solito la montava chi arrivava per primo. Era il regalo di benvenuto per l'altro.
Cecilia non l'aveva fatto di proposito. Nel senso: l'aveva fatto di proposito a non montarla. Non sapeva ancora quanto profonda dovesse essere la distanza tra loro due per riuscire a salvare tutto.
Paul la guardò per un attimo senza dire niente. Era un uomo, ormai.
Si lasciò cadere tra l'erba e si sfilò le scarpe.
Beh, a tratti, non sempre.
Cecilia rimase interdetta per un solo attimo, poi lo imitò e fece un sacco prima, visto che portava pratici sandali da rally.
Anche il primo bagno di stagione era un rito. Doveva avvenire a poche ore dalla ricongiunzione, per sancirla definitivamente.
Paul si rialzò aggrappandosi all'erba con i piedi nudi.
-Che bella...sensazione.- dichiarò, respirando solo allora a pieni polmoni. Si sfilò la giacca di ottima fattura facendosela roteare sopra la testa e lasciandola volare lontano con estrema noncuranza.
Cecilia rise e corse spontaneamente a sbottonargli la camicia.
Brutta, brutta cosa. Se ne accorse troppo tardi. Era un gesto così noto. E così sbagliato.
Paul le aveva stretto il polso per fermarla prima di potersene accorgere. Sicuramente aveva rievocato in lui gli stessi pensieri, le stesse sensazioni. Si erano guardati senza fiato.
Cecilia si era dedicata a sbottonare la propria camicia enorme, che portava a mo' di vestito. Sotto, aveva sempre il costume. Corse in acqua per prima per annegare e lavare via quell'attimo di imbarazzo.
-Stasera c'è una festa al Black Oak. Andiamo?- la voce tremava un po' nel suo bislacco tentativo di tornare a era tutto normale.
Paul fu invece costretto a tenere i pantaloni core. La seguì, entrando piano nel fiume.
Era così strano: così diverso e così sempre lui.
-Sì, va bene. Non ho ancora salutato la zia Roona.- spiegò, guardando accigliato la superficie dell'acqua. Dopo un momento di cipiglio ostile, si tuffò con una certa eleganza per uno grosso come lui.
Cecilia si guardò intorno, seguendolo a stento sotto il pelo dell'acqua. Non fece in tempo a voltarsi, che si sentì sollevare sulle sue spalle. Come al solito.
-HIGHASAKITE!- pronunciò Paul a mo' di grido di guerra. Cecilia stava ancora ridendo senza ritegno quando fu alla lettera lanciata in acqua e stava ancora ridendo quando riemerse cieca e sputacchiante.
La risata grossa e profonda di Paul si unì alla sua mentre la recuperava per evitare che affogasse.
-Sembri una ninfea rachitica.- le fece presente lui osservando il cespuglio di capelli pressoché impermeabile all'acqua. L'intenzione era quella di scostarle ciocche ricce dal volto e si ritrovò col suo viso tra le mani. Col suo viso pericolosamente vicino. Con le labbra che quasi sfioravano le sue.
-Ti faccio conoscere Tristan, stasera.-
-Tristan.-
-Sì-
Paul la guardò negli occhi per un momento solo e la lasciò andare.
Ecco. La parte in cui doveva spezzargli il cuore e pulircisi i piedi era quella che Cecilia preferiva meno, del suo piano geniale. Il resto, poteva funzionare alla grande.
- Un altro bullo sensibile?- chiese Paul, algido.
Sapeva essere cattivo in un modo che arrivava dentro, nel profondo, e usciva dalla schiena.
- No. E' il nuovo veterinario del Black Oak.Ci frequentiamo da un po'-
Non era proprio vero, ma data la cotta che lui dimostrava d'essersi preso, non le sarebbe stato difficile accelerare le cose e salvare Paul. Il suo Paul, quello che voleva per sé tipo per sempre. Senza il rischio di complicazioni.
Paul sollevò un sopracciglio serico. Non disse niente.
Spezzargli il cuore e calpestarlo. E assistere, impotente.
-Sali. - le ordinò lui burbero.
Cecilia impiegò un istante a capire che parlava delle sue spalle.
-Andiamo a casa via fiume?- chiese, stupita. Lo adorava, ma si era anche aspettata che Paul la piantasse lì invece di consentirle qualcosa che le piaceva tanto.
- Mhmh.- confermò l'ovvio Paul.
Cecilia si arrampicò.
-E i vestiti?-
-Ti fai dare qualcosa da Sallie.-
-E la tua giacca?-
-Non ho bisogno di una giacca per essere figo.-
Cecilia rise. Avrebbe riso a qualunque segno di distensione da parte sua. Aveva bisogno di sapere che non c'era rimasto troppo male.
-Tieniti- ingiunse lui.
Cecilia si aggrappò al suo collo, fissò la sua nuca finché non le si incrociarono gli occhi, si lasciò accarezzare dall'acqua che scorreva a fior di pelle.
C'era un punto, in particolare, che avevano rinominato "il crocevia". Era un crocicchio di correnti poco sotto la proprietà degli Hayter, dove viveva lui. Era difficile, e occorrevano le braccia e le spalle da vogatore di Paul, le sue gambe da sirena, per riportarli a casa entrambi. Adorava quel punto, il brivido che dava sfidare la corrente, lavorare insieme, vincere e riprendere fiato a riva.
Per un momento bizzarro pensò che Paul l'avrebbe abbandonata lì per vendetta.
-Non farlo.- lo implorò, e gli strinse le braccia al collo.
-'cili, se mi strangoli muori anche tu.-
- Scusa.-
-Che c'è?-
-Niente.-
-Mi stringi come se-
-...-
-Stupida. Davvero pensi che potrei lasciarti andare?-
Eeeeeeeh. Bum. Cecilia non aveva mai messo in conto il proprio cuore spezzato.
Pensò con un sussulto che Paul non stesse parlando del fiume. Si augurò che stesse parlando anche di quello, però.
- No.- ammise.
-Fai male.- le fece sapere lui, prima di rovesciarla in acqua.
Paul era sostanzialmente buono. Era incapace di vendicarsi, non concepiva neanche il pensiero della vendetta.
Ma si tolse i suoi sfizi, a tormentarla, e Cecilia lo lasciò fare a mo' di risarcimento.
Attraversarono il crocevia lavorando ancora una volta in due.
Mentre riprendevano fiato a riva Cecilia pensò che erano riusciti a superare un'altra prova, insieme.
E non parlava solo del fiume.
Cecilia Ritter corse giù per le scale scalza, con la grazia animalesca di una ballerina e di un felino.
Era la quinta volta, quel giorno. Aspettava suo padre e doveva essere la prima ad aprirgli per fare ancora una volta il loro stupido gioco, come quando era bambina. Come ogni volta che lui rientrava da un incarico fuori.
Non era minimamente preparata al tipo che si trovò sulla porta e solo il cielo sa di quanta preparazione avesse bisogno.
Uno straniero- un affascinante straniero - stava appeso al soprassoglio e quasi lo sfiorava con la testa. Indossava abiti indubitabilmente core, dalla camicia dal colletto coreano, alla giacca, ai pantaloni, alle scarpe, che non erano i soliti terribili, terribili anfibi cui era tanto affezionato.
-Paul.-
E' vero: Cecilia lo disse in modo molto poco lusinghiero, quasi dubitasse che dietro a tanta figaggine potesse esserci proprio il suo compagno di giochi.
Lo straniero rise, con la voce e quel modo peculiare di Paul, che spingeva la risata su per gli zigomi alti fino agli occhi di un azzurro strano.
Lo straniero aveva anche una mano enorme, e fece il solito gesto rituale di spalmargliela in volto a mo' di brutale carezza, quello con cui si riappropriava di lei, dell'estate, di Oak Town, ogni anno.
- Quanto sei bella, a bocca aperta come una trota.- la canzonò.
Cecilia chiuse la bocca. Guardò i suoi capelli cortissimi, ridotti a uno strato leggero di peluria dorata sotto i raggi del sole morente. I baffi- gli immancabili baffi- la barba, erano un velo curato e appena accennato. Cecilia provò come al solito l'impulso di soffiare per pulirgli il volto.
Gli tirò un pugno nello stomaco. Era rituale anche quello, ma si accorse che lui aveva rinforzato parecchio la difesa addominale.
-Quando sei arrivato.-
-Ora.-
In anticipo. E Cecilia capì che era andato lì dritto dallo spazioporto. Ecco perché indossava ancora abiti core. Si scostò per lasciarlo passare e per riorganizzare in silenzio i suoi organi interni sottosopra. Credeva di avere almeno un altro paio di giorni di tempo, per allestire le difese. Non si vedevano dall'estate precedente. Da quando avevano sputtanato tutto. O meglio: da quando lui aveva mirabilmente sputtanato tutto, l'ultimo giorno. Aveva paura. Tanta.
Così tanta che a Natale aveva temporeggiato fino all'ultimo, prima di scoprire che Paul non si sarebbe allontanato da Gandhi per via del suo addestramento, tirare un sospiro di sollievo e prendere l'ultima nave che la portasse a casa sotto l'albero.
Paul non si mosse dalla soglia.
-Ciao, Eir.- salutò alzando la voce. Easy. Eir era easy. -Tuo padre c'è? -chiese subito dopo.
Suo malgrado, Cecilia ghignò.
-Sì- mentì con prontezza.
-Mi accompagni a casa?-
-Le due cose sono correlate?- domandò lei divertita.
Lui sorrise con indulgenza accettando le sue prese in giro. Era già a casa.
- Sallie si è fatta scappare con mamma che tornavo oggi. Credo abbia consultato compulsivamente tutti gli orari e se non mi vede arrivare per quando si aspetta ci troviamo i federali a circondarti casa.-
Cecilia rise. Era da Quinn.
- "...è...alto, e grosso, e muscoloso, e ha il porto d'armi e sta studiando per diventare un tiratore...ma vi prego, trovatelo, è così indifeso... non potete lasciarlo là fuori tutto solo...è quasi buio!"- la imitò Paul alla perfezione.
Anche Eir rise, dal piano di sopra.
Cecilia aveva dimenticato per un momento l'angoscia.
Non aveva fatto altro che sognare le sue ultime parole, in quei giorni.
Conosceva Paul come le sue tasche: era un idealista romantico, un adorabile idiota. Come minimo si aspettava di vederlo comparire fervente d'immutato amore e con una proposta di matrimonio.
Invece, si era dovuta ricredere. E si era rilassata.
Prese le chiavi della motorbike.
-No, che fai. A piedi.- impose lui.
Cecilia piombò nel panico di nuovo chiedendosi perché volesse passeggiare con lei e azzardò un paio di risposte per nulla consolanti.
-Dai, muoviti. Che sei diventata mentre non c'ero?-
-Hey, piantala di fare l'atletico- lo avvertì, mentre si richiudeva la porta alle spalle senza riuscire a lasciare in casa il magone.
Paul le prese la mano in un gesto naturale e abitudinario. La guardò quando la sentì irrigidirsi.
-Sul serio non ti va di camminare?- le chiese, perplesso e premuroso.
Adorabile, adorabile ingenuo.
- Sei un bamboccio in un corpo enorme, Carter.-
- Grazie, ma non ho ancora nominato le tue tette, a che devo l'onore?- chiese quieto e divertito.
Cecilia chiuse a chiave ogni pensiero nel cassetto dei calzini e si aggrappò al suo braccio.
Era felice di vederlo. Era felice che fosse lui.
Con grande sollievo di Cecilia, era tutto normale.
Avevano proseguito per un bel tratto, raccontandosi di tutto. Si tenevano per mano, costeggiavano il sentiero camminando sui due margini opposti, si spintonavano in ogni occasione, si insultavano e tornavano a cercarsi.
Non aveva mai sentito Paul tanto loquace e un po' amava e un po' temeva quella luce vagamente fanatica nel suo sguardo.
-...e la tenda?-
Non si era accorta di quanto vicini fossero alla Quercia, finché il tono da bambino deluso di Paul non l'aveva richiamata alla realtà. Avvampò, ma mantenne il controllo.
-Beh, ti aspettavo, no?-
No. Di solito la montava chi arrivava per primo. Era il regalo di benvenuto per l'altro.
Cecilia non l'aveva fatto di proposito. Nel senso: l'aveva fatto di proposito a non montarla. Non sapeva ancora quanto profonda dovesse essere la distanza tra loro due per riuscire a salvare tutto.
Paul la guardò per un attimo senza dire niente. Era un uomo, ormai.
Si lasciò cadere tra l'erba e si sfilò le scarpe.
Beh, a tratti, non sempre.
Cecilia rimase interdetta per un solo attimo, poi lo imitò e fece un sacco prima, visto che portava pratici sandali da rally.
Anche il primo bagno di stagione era un rito. Doveva avvenire a poche ore dalla ricongiunzione, per sancirla definitivamente.
Paul si rialzò aggrappandosi all'erba con i piedi nudi.
-Che bella...sensazione.- dichiarò, respirando solo allora a pieni polmoni. Si sfilò la giacca di ottima fattura facendosela roteare sopra la testa e lasciandola volare lontano con estrema noncuranza.
Cecilia rise e corse spontaneamente a sbottonargli la camicia.
Brutta, brutta cosa. Se ne accorse troppo tardi. Era un gesto così noto. E così sbagliato.
Paul le aveva stretto il polso per fermarla prima di potersene accorgere. Sicuramente aveva rievocato in lui gli stessi pensieri, le stesse sensazioni. Si erano guardati senza fiato.
Cecilia si era dedicata a sbottonare la propria camicia enorme, che portava a mo' di vestito. Sotto, aveva sempre il costume. Corse in acqua per prima per annegare e lavare via quell'attimo di imbarazzo.
-Stasera c'è una festa al Black Oak. Andiamo?- la voce tremava un po' nel suo bislacco tentativo di tornare a era tutto normale.
Paul fu invece costretto a tenere i pantaloni core. La seguì, entrando piano nel fiume.
Era così strano: così diverso e così sempre lui.
-Sì, va bene. Non ho ancora salutato la zia Roona.- spiegò, guardando accigliato la superficie dell'acqua. Dopo un momento di cipiglio ostile, si tuffò con una certa eleganza per uno grosso come lui.
Cecilia si guardò intorno, seguendolo a stento sotto il pelo dell'acqua. Non fece in tempo a voltarsi, che si sentì sollevare sulle sue spalle. Come al solito.
-HIGHASAKITE!- pronunciò Paul a mo' di grido di guerra. Cecilia stava ancora ridendo senza ritegno quando fu alla lettera lanciata in acqua e stava ancora ridendo quando riemerse cieca e sputacchiante.
La risata grossa e profonda di Paul si unì alla sua mentre la recuperava per evitare che affogasse.
-Sembri una ninfea rachitica.- le fece presente lui osservando il cespuglio di capelli pressoché impermeabile all'acqua. L'intenzione era quella di scostarle ciocche ricce dal volto e si ritrovò col suo viso tra le mani. Col suo viso pericolosamente vicino. Con le labbra che quasi sfioravano le sue.
-Ti faccio conoscere Tristan, stasera.-
-Tristan.-
-Sì-
Paul la guardò negli occhi per un momento solo e la lasciò andare.
Ecco. La parte in cui doveva spezzargli il cuore e pulircisi i piedi era quella che Cecilia preferiva meno, del suo piano geniale. Il resto, poteva funzionare alla grande.
- Un altro bullo sensibile?- chiese Paul, algido.
Sapeva essere cattivo in un modo che arrivava dentro, nel profondo, e usciva dalla schiena.
- No. E' il nuovo veterinario del Black Oak.Ci frequentiamo da un po'-
Non era proprio vero, ma data la cotta che lui dimostrava d'essersi preso, non le sarebbe stato difficile accelerare le cose e salvare Paul. Il suo Paul, quello che voleva per sé tipo per sempre. Senza il rischio di complicazioni.
Paul sollevò un sopracciglio serico. Non disse niente.
Spezzargli il cuore e calpestarlo. E assistere, impotente.
-Sali. - le ordinò lui burbero.
Cecilia impiegò un istante a capire che parlava delle sue spalle.
-Andiamo a casa via fiume?- chiese, stupita. Lo adorava, ma si era anche aspettata che Paul la piantasse lì invece di consentirle qualcosa che le piaceva tanto.
- Mhmh.- confermò l'ovvio Paul.
Cecilia si arrampicò.
-E i vestiti?-
-Ti fai dare qualcosa da Sallie.-
-E la tua giacca?-
-Non ho bisogno di una giacca per essere figo.-
Cecilia rise. Avrebbe riso a qualunque segno di distensione da parte sua. Aveva bisogno di sapere che non c'era rimasto troppo male.
-Tieniti- ingiunse lui.
Cecilia si aggrappò al suo collo, fissò la sua nuca finché non le si incrociarono gli occhi, si lasciò accarezzare dall'acqua che scorreva a fior di pelle.
C'era un punto, in particolare, che avevano rinominato "il crocevia". Era un crocicchio di correnti poco sotto la proprietà degli Hayter, dove viveva lui. Era difficile, e occorrevano le braccia e le spalle da vogatore di Paul, le sue gambe da sirena, per riportarli a casa entrambi. Adorava quel punto, il brivido che dava sfidare la corrente, lavorare insieme, vincere e riprendere fiato a riva.
Per un momento bizzarro pensò che Paul l'avrebbe abbandonata lì per vendetta.
-Non farlo.- lo implorò, e gli strinse le braccia al collo.
-'cili, se mi strangoli muori anche tu.-
- Scusa.-
-Che c'è?-
-Niente.-
-Mi stringi come se-
-...-
-Stupida. Davvero pensi che potrei lasciarti andare?-
Eeeeeeeh. Bum. Cecilia non aveva mai messo in conto il proprio cuore spezzato.
Pensò con un sussulto che Paul non stesse parlando del fiume. Si augurò che stesse parlando anche di quello, però.
- No.- ammise.
-Fai male.- le fece sapere lui, prima di rovesciarla in acqua.
Paul era sostanzialmente buono. Era incapace di vendicarsi, non concepiva neanche il pensiero della vendetta.
Ma si tolse i suoi sfizi, a tormentarla, e Cecilia lo lasciò fare a mo' di risarcimento.
Attraversarono il crocevia lavorando ancora una volta in due.
Mentre riprendevano fiato a riva Cecilia pensò che erano riusciti a superare un'altra prova, insieme.
E non parlava solo del fiume.
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mandag 16. juli 2012
Dei molti e mirabolanti modi per sputtanare ogni cosa parte IV
Oak Town, 2436
- Credo di essermi innamorato di te.-
Cecilia si era sentita gelare, strato dopo strato, fino in fondo all'anima. Lo aveva visto agitare una mano come se non fosse davvero lì davanti a lui.
-No, ne sono certo.-
Aveva fissato i quadri della sua camicia, le sue braccia incrociate con determinazione.
Paul non le aveva dato il tempo di rispondergli. Le aveva posato una mano enorme su una guancia con delicatezza.
-Vedi, 'cilia...questo, è sputtanare tutto.- le aveva detto. L'aveva guardata ancora un attimo prima di ridiscendere la collina non più verde senza un saluto.
Dal piazzale si sentivano le voci. Holden passò con Sallie in spalla e la scaricò tra le proteste nella jeep ormai pronta. Paul parlava poco.
Era un rituale che si ripeteva da anni.
Il loro non-saluto, la jeep pronta, restare a guardare finché non spariva nella polvere.
Era tutto uguale e tutto diverso.
Non poteva perdere Paul.
Era stata un'estate strana. Era stato bello essere ancora più vicini.
Non avevano voluto pensare alle conseguenze.
Avevano voluto godersi quei raggi di sole, finché duravano, indipendentemente da quello che sarebbe venuto dopo.
Dopo era arrivato.
Tra lei e Paul poteva funzionare splendidamente.
Ma poteva finire, come ogni cosa. E lo avrebbe perso per sempre.
Cecilia si abbracciò le ginocchia, seduta in cima alla collina.
Era innamorata di Paul, e ne era certa. Da anni.
Non avrebbe tollerato una vita in cui Paul Carter non facesse parte stabilmente del suo mondo.
Decise che entro l'estate successiva avrebbe avuto un nuovo fidanzato scombinato. Ogni cosa sarebbe tornata a posto. Senza rischi.
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lørdag 14. juli 2012
Conflitti generazionali
Oak Town, 2436
Paul Carter aveva una voce grossa da baritono, quando urlava.
La voce di sua madre era invece molto rock. Holden aveva sempre sostenuto che avrebbe potuto fare la cantante professionista.
-Mhmh. Di nuovo?-
Sallie risalì i gradini gongolando e si accomodò sul dondolo accanto a suo padre. Salame le trotterellò dietro.
- Che ha fatto stavolta? Ha toccato di nuovo i suoi attrezzi?-
Holden sospirò. Non sapeva decidere se quello che Paul aveva fatto era più o meno grave rispetto all'episodio citato dalla ragazzina. Più che altro, sua moglie non l'aveva ancora deciso.
- Dici che lo sbatte fuori?- incalzò la giovane con educata curiosità.
- Pare si stia andando in quella direzione.- si sentì di confermare lui altrettanto educatamente.
Rimasero entrambi garbatamente in silenzio.
"Non ti ho cresciuto in questo modo! Non ti ho insegnato a mancare di rispetto a chi"
"Ma quale mancare di rispetto! Sono affari miei e non parlerò di questa cosa con te!"
-Aaaaaahn.- realizzò Sallie. - E' la faccenda di Cecilia.-
La faccenda di Cecilia consisteva in Quinn Thomson che beccava Paul e Cecilia nel granaio più o meno discinti e in atteggiamenti più o meno compromettenti.
Nulla di particolarmente sorprendente. Ogni persona, ogni filo d'erba, ogni steccato, ogni sasso di Oak Town era consapevole del fatto che prima o poi sarebbe successo. Tutti lo immaginavano. Tutti tranne Quinn Thomson.
- La faccenda di Cecilia?- chiese Holden pacatamente allarmato, sperando che ci fosse una spiegazione semplice e tranquillizzante alla consapevolezza serena e scontata di sua figlia.
Sperava tipo che saltasse su e gli dicesse: papà, ho tre anni! Invece, Sallie agitò composta una mano per confermare:
- Beh sì, Cecilia, il granaio, Paul.-
-Tu lo sapevi?- le chiese suo padre sofferente. E intendeva: tu sapevi della faccenda delle api e dei fiori e delle cazzate sulla cicogna? Sentì che stava sudando freddo mentre si chiedeva quando sua figlia avesse smesso di avere tre anni e l'abbuffata di costata di viscide come massima aspirazione esistenziale.
Sallie si strinse nelle spalle e Holden non si azzardò ad approfondire.
"E' la mia vita, per la miseria, fammi respirare!"
"Ti faccio respirare con la testa sott'acqua, magari esce tutta l'aria che hai nella scatola cranica!"
"Sono un adulto, che cavolo!"
"Il fatto che tu sia così grosso non fa di te un adulto! Hai solo le gambe troppo lunghe e le spalle troppo larghe!"
"Oh per la miseria! Per la miseria! Mi pare di sentire Ritter. Avete la stessa testa, la stessa testa!"
"Stai tranquillo che io a differenza di Ritter non sbaglio la mira!"
- Beh...onestamente questa mi sembra un po' grossa.- commentò Sallie.
Holden fu costretto a dargliene atto. Se Quinn avesse voluto sparare a Paul e colpirlo avrebbe dovuto mirare verso Jasonville, tipo.
- Non è il caso...che la vai a recuperare? Prima che si faccia male, per il suo bene.- consigliò la ragazzina con buonsenso.
Holden guardò l'orologio.
- Ancora un minuto e ventidue secondi.- spiegò
Sallie annuì e tornarono a godersi la quiete della campagna.
"Vuoi sapere cosa? Se devi rompere così il prossimo anno resto a Gandhi!"
"Sarebbe un sollievo per tutti, staremmo qui tranquilli!"
"Ma non ci verresti mai qui senza di me!"
Sallie e Holden si guardarono. Anche questo lo sapevano tutti i sassi di Oak Town: mamma chioccia non si muoveva senza tutti suoi pulcini. Piuttosto crepava tra quattro mura a Gandhi.
"Io non capisco come tu faccia a non vergognarti!"
"Ma vergognarmi di cosa, di cosa, è la mia vita, non ho fatto niente di"
"Come fai a guardare in faccia sua madre e suo padre! Siamo amici da una vita e proprio tu"
"Ma suo padre non mi ha mai guardato in faccia figurati se si accorge della differenza!"
Holden prese un sospiro ed entrò in casa allo scadere del tempo.
Salame non ci pensò due volte ad occupare il suo posto sul dondolo
"Non essere irriverente!"
"E questo è essere irriverente! Hai montato un casino da una cosa STUPIDA!"
"Lo vedi che sei immaturo? E' una cosa stupida? E' UNA COSA STUPIDA? "
" Sì! E sarebbe rimasta stupida se non avessi sputtanato tutto a tutti facendone una questione di stato!"
Holden avrebbe voluto tanto spiegare che non era stata Quinn a raccontare tutto ai genitori di Cecilia: aveva solo il cervello collegato a quello di Eir. Comunque, il tempo stava per finire, non sarebbe servito a niente.
"Una questione di stato? Una questione di stato? Fuori di qui! FUORI DI QUI, ADESSO!"
Tempo scaduto.
Holden attese sulla porta che suo figlio passasse,nero come l'inferno.
Sua moglie lo guardò con aria bellicosa.
-Se l'è cercata.- si giustificò.
Holden non disse niente. Aspettò di vedere la sua espressione afflosciarsi come un palloncino prima di andare in suo soccorso.
-Persi...ma perché lo fai ogni volta se ci stai così male.- la coccolò con dolcezza. Le tolse di mano sia il pane che il burro. Non funzionava neanche con lo stick, con quello che si spalmava senza coltello.
Lei si accartocciò in una faccia da bambina contrita.
-Vallo a prendere.- lo supplicò, come ogni volta.
- Ahm...non per togliere senso al dramma, ma non me ne sono ancora andato.- fece presente Paul affacciandosi sulla porta.
Quinn agitò una mano con indifferenza.
-Vallo a prendere dopo che se ne sarà andato.- corresse, compita.
-Ahm...e...devo sempre sbattere la porta?- volle informarsi suo figlio.
Holden annuì con aria saggia
-Non togliere senso al dramma- gli consigliò.
Paul se ne andò, sbattendo la porta.
Holden spalmò il burro con infinita tenerezza per una moglie infinitamente contrita.
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onsdag 11. juli 2012
Dei molti e mirabolanti modi per sputtanare ogni cosa parte III
Oak Town, 2436
-Grazie, ciao.-
Sallie Carter balzò giù dalla jeep con un certo entusiasmo, pronta ad andarsene di gran carriera.
- Fai almeno finta di entrare in casa da 'cilia?- chiese suo fratello esasperato. Aveva le guance arrossate e gli occhi gonfi per il sole del giorno. Trovava un certo sollievo nell'aria mite del crepuscolo.
Sallie alzò lo sguardo al cielo con aria di sopportazione, percorse saltellando il viale, abbracciò Cecilia sulla porta e le girò intorno mentre lei rideva giusto per entrare, alla lettera, in casa. E uscirne rapidissimamente.
- A domani, ciao!-
- Sallie, non alla radura! Vengo a controllare!- Paul si sentiva un po' responsabile. Sua sorella gli mostrò con garbo un dito medio. Assorbiva sempre il meglio, da Cecilia.
- Quanto sei rompipalle, Carter.- Cecilia lo aspettava sulla soglia di casa Ritter e allungò una mano per aiutarlo con i vettovagliamenti. Anche lei aveva il viso stanco, arrossato e disteso dopo quella giornata piena. -Lasciale godere la sua serata di libertà.-
Paul le puntò contro un dito ammonitore con un'espressione così squisitamente severa che lei rise.
Lui rinunciò a dire qualsiasi cosa.
- Siamo riusciti a tenere la mamma lontana dalla cucina, è tutto sicuro.- la informò lui, sbirciando la cena nei contenitori. - Ma forse dovremmo uscire anche noi e vedere che cosa combina quella sciagurata.- ipotizzò, con l'aria di un tragico eroe.
-Forse dovremmo restare a vedere la partita e lasciarla in pace.- decise Cecilia.
Paul grugnì qualcosa, rassegnato, e affondò pesantemente nel divano col rischio di sgangherarlo nei quattro pezzi base. Cecilia lo raggiunse immediatamente sventolando con orgoglio una bottiglia di ottimo bourbon.
Senza scomporsi più di tanto, Paul gliela tolse di mano. Si assicurò che fosse ben chiusa e con una spinta delicata la mandò a rotolare sul pavimento lontano da loro, finché non si fu incastrata contro il frigo.
La guardò con impunito candore, ficcandosi in bocca una vangata di popcorn.
Cecilia provò, inutilmente e nell'ordine, a soffocarlo con un cuscino e ad alzarsi per riprendere la bottiglia.
- Sei rimasto tanto traumatizzato?- cantilenò, schiacciata contro il divano da un braccio/sbarra di Paul.
- Non sento la partita.- le spiegò lui, infilandosi in bocca altro cibo.
- Ohh, ma sei un ragazzo così sensibile e innocente- civettò lei avvicinandosi a lui in maniera molesta. Paul la allontanò con un braccio mentre continuava a guardare la partita.
-...quindi hai deciso di non bere più per paura che finisca male?- Cecilia,contrariata al solo pensiero, aggirò il braccio e gli si accollò su una spalla.- Può finire male anche se siamo sobri...- gli fece presente, suadente.- Poi dovrai farmi bere per tenermi buona...- prospettò. Baciò il collo di Paul con aria dispettosa.
Lui non si lasciò intimidire. Le afferrò il mento con la mano libera e le voltò il viso verso l'holoproiezione.
Cecilia si divincolò e lui le circondò il collo col braccio, come se volesse strangolarla.
- Sono il guardiano della tua virtù- le spiegò confidenziale.
Cecilia tentò di protestare e lui le infilò una manciata di popcorn in bocca.
-Shhhh. Partita.-
Solo quando ebbero smesso di ridere il braccio d'acciaio di Paul si spostò dal collo alle spalle di Cecilia.
Quando Paul si svegliò la partita era finita da un po' e cronisti in holoproiezione commentavano l'ennesima vittoria firmata Starship Troopers. Era distrutto dopo la giornata al lago.
Anche Cecilia era crollata e gli era scivolata sulla spalla. Si accorse che la stava ancora cingendo con un braccio in maniera significativamente protettiva. E possessiva.
Prima che potesse rendersene conto e provare una stretta allo stomaco, stava già sorridendo come un imbecille di fronte al profilo di lei. Accidenti, se era bella.
Conviveva col magone dalla notte precedente, ma se ne era reso pienamente conto solo al lago. Con Cecilia faceva sul serio. Ecco perché aveva un disperato bisogno di mantenere le distanze. Cecilia era importante come nessuna. Non era di quelle che si congedano con una stretta di mano e nessun rimpianto. Lo aveva sempre saputo.
Le accarezzò i capelli con delicatezza. Lambì con un dito la bocca disegnata senza riuscire a togliersi dalla testa quel bacio.
Che cosa Cecilia provasse per lui era un'altra enorme, spaventosa incognita. La complicità, l'abitudine alla vicinanza, la familiarità, non gli consentivano di capirlo con certezza.
Eppure, nella sua parte più profonda, sapeva di avere una risposta. Di averla sempre avuta.
Le sorrise quando lei aprì gli occhi. Le sfiorò una guancia con tenerezza.
Lei non disse niente. Sorrideva, per una volta in pace col mondo. Nessun guizzo irrequieto nello sguardo felino. Sembrava appagata mentre lo inghiottiva nella profondità di quel verde.
Doveva proteggerla. Non avrebbe permesso a nessuno dei due di sputtanare tutto. Non poteva permettersi di perderla. Era il guardiano della sua virtù.
Con una stretta agrodolce gli venne in mente un'espressione che suo zio citava sempre: la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. In qualche modo lo aveva sempre saputo: era l'unica strada percorribile.
E Cecilia aveva labbra così morbide anche quando non sapeva di brandy...
Sebbene entrambi fossero svegli, nessuno dei due aveva detto una parola.
Paul continuava a cingerla con un braccio. Di nascosto, teneva il naso affondato nei suoi capelli mentre si arrotolava i riccioli ribelli intorno a un dito.
Avevano dormito così tante volte. Solo, sempre rigorosamente con qualcosa addosso.
- Abbiamo sputtanato tutto?-
Cecilia aveva sempre la voce un po' roca, quando si svegliava, e a lui questa cosa piaceva.
- Abbastanza - rispose placido. Probabilmente non aveva ancora una coscienza. O non era ancora sveglia. Ma nella pace dell'incoscienza non riusciva a considerarlo uno "sputtanare tutto". Erano andati dov'era inevitabile che andassero. Ed era stato tutto così naturale, e puramente bello, che non riusciva a pensare fosse qualcosa di male. Come tutto il resto, anche i loro corpi si completavano alla perfezione.
-Smettila di toccarmi le tette.-
-....ah. Scusa. Sentivo piatto, pensavo fosse il tavolino.-
Davvero. Mentre rideva e si difendeva dal cuscino, e la stringeva forte, fino in fondo al suo buon odore, non riusciva a pensare ci fosse qualcosa di sbagliato.
- Ti fa strano?- le chiese, languido e sereno, dimenticando di essere quello che con orrore neanche ventiquattro ore prima le aveva chiesto come avrebbe potuto guardarlo dopo.
-...neanche troppo.-
-Neanche troppo.-
-...forse dovremmo solo...-
-Infatti.-
-...è solo sesso.- dichiarò Cecilia con eroica convinzione.
Paul aprì piano un occhio sul suo profilo, la fronte aggrottata.
-Solo sesso.- convenne, sdraiandosi sulla schiena e lasciandole davvero poco spazio.
-...non rischiamo di rovinare niente.-
- Niente.-
-...possiamo smettere quando vogliamo.-
-Okay.-
-...-
-...-
-...infatti.-
-Visto che è solo sesso, che ne dici se ripetiamo...?-
-Maiale.-
-Ti pareva.-
- Dovremmo smetterla.-
-Possiamo farlo quando vogliamo.-
-...maiale.-
-Smettere, dicevo.-
Quell'estate dimostrò loro più volte che le buone intenzioni da sole non bastano.
tirsdag 10. juli 2012
Dei molti e mirabolanti modi per sputtanare ogni cosa parte II
Oak Town, estate 2436
- E' stata una notte un po' movimentata.- dichiarò Holden Carter quella mattina a colazione.
- Procioni.- rispose sua moglie solenne mentre Paul si spalmava a tavola con aria devastata.
- Mi sembrava qualcosa del genere.- convenne ancora Holden, leggero. Le tolse di mano pane e coltello e spalmò del burro senza mietere vittime.
- Io dico che dovremmo dargli la caccia. Appostarci in veranda e poi colpirli forte con una mazza da baseball.-
- Grazie, Sallie, la tua propensione a risoluzioni non violente riempie tua madre e me di orgoglio.-
Sallie Carter sorrise a molti denti e rubò un panino dal piatto di suo fratello tanto per vendicarsi dei suoi 15 anni di punizione.
Paul Carter neanche protestò. Normalmente le avrebbe staccato un braccio.
Salame, il bovaro di casa, si arrampicò sulle gambe della ragazzina sperando nel ripieno.
- Hey, buongiorno a tutti.- Cecilia Ritter, perfettamente sobria, un cappellaccio terribile calato in fronte e infilzato a morte da ami di varia natura, entrò dalla porta secondaria in cucina. Era evidente quanto fosse di casa.
- Vieni, tesoro, il caffè è ancora- caldo, avrebbe voluto dire Quinn, ma Paul scattò in piedi rovesciando la sedia proprio in quel momento.
- Un galantuomo. Si alza quando entra una donna nella stanza.- commentò Sallie elargendo fette di salame al canide omonimo.
- Gliel'ho insegnato io.- si pavoneggiò Holden con sussiego.
Paul raddrizzò la sedia e la aggirò. Fece un giro lunghissimo per evitare di passare accanto a Cecilia. Probabilmente, se non fosse sembrato troppo strano, si sarebbe calato dal tetto.
-...vado a prendere l'attrezzatura.- dichiarò. Si chiesero tutti come l'idea di una canna da pesca potesse turbarlo tanto.
- ... l'hai picchiato?- domandò Holden a Cecilia con placida curiosità.
- Ti prego, dì di sì, ci ho scommesso la paghetta e un anno di punizione.- la implorò Sallie.
Cecilia uscì stralunata mentre i Carter ancora ne discutevano.
-Sallie,bambina, dovremmo un po' parlare della tua rabbia repressa...-
Trovò Paul nella rimessa intento a selezionare lenze con estreeeeeeema lentezza.
-Tutto bene?-
Paul scivolò sul fondo del locale tra vecchie selle fingendo di interessarsi a cose che con la pesca non avevano nulla a che vedere.
- Sì, sono pronto in un attimo.-
Cecilia si portò una mano sul fianco, minacciosa.
-Non mi stai evitando, vero?-
- Assolutamente...-
-Carter-
-....sì. Assolutamente sì. Certo che sì.-
Anche Paul incrociò le braccia con aria bellicosa. A dodici metri di distanza da lei.
Cecilia balzò a sedere su una cassa con un ghigno.
- Quanto la fai lunga, non è successo niente, no?- lo canzonò, divertita.
- Già, e chi sa come mai.- le ricordò lui, più turbato di quanto fosse lecito.
-Paul Carter e la sua irreprensibile virtù?- suggerì lei.
- E' una cosa seria, 'cilia. Abbiamo stabilito delle regole dall'inizio perché è importante. O almeno, per me lo è. Ci tengo alla nostra amicizia.-
- Anche io ci tengo!-
- Bene, non rovinerò tutto, sarò in grado di tenere i pantaloni addosso.- le promise. Sembrava più che altro una minaccia.
-Sicuro?- Cecilia si divertiva a provocare il suo cavaliere senza macchia. Gratitudine zero. Era la sua politica.- Ricordo qualcuno che diceva cose come "Dio mio, Cecilia", ieri sera.-
Aveva esagerato, lo capì dalla sua espressione. Lui si voltò a riempire una sacca.
- Non è un discorso che ho intenzione di affrontare con te.- le comunicò, algido.
- E dai, smettila di fare la verginella isterica, stavo scherzando! E poi, siamo nell'ennesimo secolo, la gente scopa e se ne scorda la mattina dopo!-
- Ti rispetto troppo per permetterci di fare una cosa del genere.-
Melodramma. Cucchiaiate di cereali e melodramma, per colazione.
- Ma che sei, il guardiano della mia virtù?- chiese Cecilia spazientita.
- Sì, se necessario!-
-...-
-...-
Si fronteggiarono.
- Mi stai dando della-
-Non mi permetterei mai.-
-L'hai pensato.-
-Neanche morto.-
Purtroppo, Cecilia non poté cogliere l'occasione per arrabbiarsi. Paul era accoratamente sincero, glielo si leggeva in faccia perché era un candido ingenuo, un imbecille impavido, un eroe senza macchia.
Continuò a gettare cose alla rinfusa nella sacca.
-Come mi guarderesti, dopo?- era turbato. Troppo.
-....beh. Molto dipenderebbe dalla tua bravura durante,secondo me.- buttò là Cecilia con aria vaga.
Suo malgrado, Paul sbuffò una risata e le lanciò una sacca vuota con l'intento di colpirla.
-Muoviti, il lago Hogan non è qui dietro.- le fece presente, burbero.
Cecilia lo seguì conciliante. Si aggrappò al suo collo e si arrampicò sulle sue spalle con gesti assolutamente innocenti e infantili.
-Okay, hai ragione, scusa. Mi lasci tuffare?-
-Non credo te lo meriti.-
-Sarò buona.-
-Ci penserò.-
Paul uscì trasportando Cecilia sulla schiena come se non avesse peso. Caricò le sacche nella jeep.
-Okay, allora...- Quinn Thomson attaccò con disinvoltura.- Andate piano, state attenti, non fate bravate, occhio al sole, e non buttatevi in acqua subito dopo...-
Sallie enumerava le raccomandazioni sollevando un dito per ciascuna. Presto fu costretta a prendere in prestito anche una mano di suo padre.-
-...ed evitate le acque profonde. Il lago è insidioso.-
-Dai, stavolta s'è scordata il mostro degli abissi.-
-...e i pesci carnivori.-
-Vi sento, voi due.-
Jaden Hunt fischiò e sventolò un braccio in piedi sullo steccato.
-Ok, siamo pronti.- sollecitò Paul con impazienza.
-Sallie, tu non vieni?.- chiese Cecilia, salendo al posto del passeggero.
- No. Preferisco godermi la solitudine ascetica- dichiarò lei composta.- Tra poco esco a cavallo con papà. - aggiunse.- Dovrà sembrare un incidente. Finalmente riavrò la mia libertà.- prospettò, come se nessuno potesse sentirla.
Holden le accarezzò i capelli con aria partecipe e comprensiva. Erano una comica continua.
-Hey, stasera venite a dormire da me? I miei sono fuori fino a domani, vorrei un po' di compagnia.- propose Cecilia ai giovani Carter.
- Vieni qui da noi.- colse al volo l'occasione Quinn-chioccia.
Holden la guardò con amorevole rassegnazione.
- Verrei, ma devo tenere d'occhio un paio dei dispositivi sperimentali della mamma. Non è ancora sicura che alle quattro o alle sei, secondo il timer, non si mettano a bombardare casa dei vicini.-
-...applicazione interessante.- rilevò Holden
-Okay, allora viene anche Sallie.- decise sua moglie.
- Non sono passati quindici anni...- obiettò lui
-Per stasera può uscire.- decretò lei.
- Coerenza.- invocò Sallie con un sorriso algido.
Cecilia rise.
- Sì, beh, stasera passo a cambiarmi e a prenderti e andiamo.- decise Paul, smanioso di partire. Avviò il motore.
- Ricordati di prendere un pigiama. Intero, possibilmente.- suggerì suo padre. Ma era più una frecciata a sua moglie.
Paul sbuffò e salutò con una mano mentre si avviava verso l'uscita del ranch.
-Vado a sellare il cavallo.- dichiarò Sallie con aria svagata.- Taglierò i finimenti. Dovrà sembrare un incidente.- aggiunse, sempre come se nessuno potesse sentirla.
Quinn sbuffò una risata e cercò di rientrare evitando lo sguardo di suo marito.
-Persi.-
Non ci riusciva mai.
-Mh?-
Lui le cinse le spalle con un braccio, rassegnato e intenerito.
- Andrai a scardinare la porta o ti decidi a dare loro un po' di fiducia? Sono adulti.-
Quinn scosse il capo e con la stessa aria algida e svagata di sua figlia, come se parlasse a se stessa, dichiarò
-Non finché io sono in vita.-
- E' stata una notte un po' movimentata.- dichiarò Holden Carter quella mattina a colazione.
- Procioni.- rispose sua moglie solenne mentre Paul si spalmava a tavola con aria devastata.
- Mi sembrava qualcosa del genere.- convenne ancora Holden, leggero. Le tolse di mano pane e coltello e spalmò del burro senza mietere vittime.
- Io dico che dovremmo dargli la caccia. Appostarci in veranda e poi colpirli forte con una mazza da baseball.-
- Grazie, Sallie, la tua propensione a risoluzioni non violente riempie tua madre e me di orgoglio.-
Sallie Carter sorrise a molti denti e rubò un panino dal piatto di suo fratello tanto per vendicarsi dei suoi 15 anni di punizione.
Paul Carter neanche protestò. Normalmente le avrebbe staccato un braccio.
Salame, il bovaro di casa, si arrampicò sulle gambe della ragazzina sperando nel ripieno.
- Hey, buongiorno a tutti.- Cecilia Ritter, perfettamente sobria, un cappellaccio terribile calato in fronte e infilzato a morte da ami di varia natura, entrò dalla porta secondaria in cucina. Era evidente quanto fosse di casa.
- Vieni, tesoro, il caffè è ancora- caldo, avrebbe voluto dire Quinn, ma Paul scattò in piedi rovesciando la sedia proprio in quel momento.
- Un galantuomo. Si alza quando entra una donna nella stanza.- commentò Sallie elargendo fette di salame al canide omonimo.
- Gliel'ho insegnato io.- si pavoneggiò Holden con sussiego.
Paul raddrizzò la sedia e la aggirò. Fece un giro lunghissimo per evitare di passare accanto a Cecilia. Probabilmente, se non fosse sembrato troppo strano, si sarebbe calato dal tetto.
-...vado a prendere l'attrezzatura.- dichiarò. Si chiesero tutti come l'idea di una canna da pesca potesse turbarlo tanto.
- ... l'hai picchiato?- domandò Holden a Cecilia con placida curiosità.
- Ti prego, dì di sì, ci ho scommesso la paghetta e un anno di punizione.- la implorò Sallie.
Cecilia uscì stralunata mentre i Carter ancora ne discutevano.
-Sallie,bambina, dovremmo un po' parlare della tua rabbia repressa...-
Trovò Paul nella rimessa intento a selezionare lenze con estreeeeeeema lentezza.
-Tutto bene?-
Paul scivolò sul fondo del locale tra vecchie selle fingendo di interessarsi a cose che con la pesca non avevano nulla a che vedere.
- Sì, sono pronto in un attimo.-
Cecilia si portò una mano sul fianco, minacciosa.
-Non mi stai evitando, vero?-
- Assolutamente...-
-Carter-
-....sì. Assolutamente sì. Certo che sì.-
Anche Paul incrociò le braccia con aria bellicosa. A dodici metri di distanza da lei.
Cecilia balzò a sedere su una cassa con un ghigno.
- Quanto la fai lunga, non è successo niente, no?- lo canzonò, divertita.
- Già, e chi sa come mai.- le ricordò lui, più turbato di quanto fosse lecito.
-Paul Carter e la sua irreprensibile virtù?- suggerì lei.
- E' una cosa seria, 'cilia. Abbiamo stabilito delle regole dall'inizio perché è importante. O almeno, per me lo è. Ci tengo alla nostra amicizia.-
- Anche io ci tengo!-
- Bene, non rovinerò tutto, sarò in grado di tenere i pantaloni addosso.- le promise. Sembrava più che altro una minaccia.
-Sicuro?- Cecilia si divertiva a provocare il suo cavaliere senza macchia. Gratitudine zero. Era la sua politica.- Ricordo qualcuno che diceva cose come "Dio mio, Cecilia", ieri sera.-
Aveva esagerato, lo capì dalla sua espressione. Lui si voltò a riempire una sacca.
- Non è un discorso che ho intenzione di affrontare con te.- le comunicò, algido.
- E dai, smettila di fare la verginella isterica, stavo scherzando! E poi, siamo nell'ennesimo secolo, la gente scopa e se ne scorda la mattina dopo!-
- Ti rispetto troppo per permetterci di fare una cosa del genere.-
Melodramma. Cucchiaiate di cereali e melodramma, per colazione.
- Ma che sei, il guardiano della mia virtù?- chiese Cecilia spazientita.
- Sì, se necessario!-
-...-
-...-
Si fronteggiarono.
- Mi stai dando della-
-Non mi permetterei mai.-
-L'hai pensato.-
-Neanche morto.-
Purtroppo, Cecilia non poté cogliere l'occasione per arrabbiarsi. Paul era accoratamente sincero, glielo si leggeva in faccia perché era un candido ingenuo, un imbecille impavido, un eroe senza macchia.
Continuò a gettare cose alla rinfusa nella sacca.
-Come mi guarderesti, dopo?- era turbato. Troppo.
-....beh. Molto dipenderebbe dalla tua bravura durante,secondo me.- buttò là Cecilia con aria vaga.
Suo malgrado, Paul sbuffò una risata e le lanciò una sacca vuota con l'intento di colpirla.
-Muoviti, il lago Hogan non è qui dietro.- le fece presente, burbero.
Cecilia lo seguì conciliante. Si aggrappò al suo collo e si arrampicò sulle sue spalle con gesti assolutamente innocenti e infantili.
-Okay, hai ragione, scusa. Mi lasci tuffare?-
-Non credo te lo meriti.-
-Sarò buona.-
-Ci penserò.-
Paul uscì trasportando Cecilia sulla schiena come se non avesse peso. Caricò le sacche nella jeep.
-Okay, allora...- Quinn Thomson attaccò con disinvoltura.- Andate piano, state attenti, non fate bravate, occhio al sole, e non buttatevi in acqua subito dopo...-
Sallie enumerava le raccomandazioni sollevando un dito per ciascuna. Presto fu costretta a prendere in prestito anche una mano di suo padre.-
-...ed evitate le acque profonde. Il lago è insidioso.-
-Dai, stavolta s'è scordata il mostro degli abissi.-
-...e i pesci carnivori.-
-Vi sento, voi due.-
Jaden Hunt fischiò e sventolò un braccio in piedi sullo steccato.
-Ok, siamo pronti.- sollecitò Paul con impazienza.
-Sallie, tu non vieni?.- chiese Cecilia, salendo al posto del passeggero.
- No. Preferisco godermi la solitudine ascetica- dichiarò lei composta.- Tra poco esco a cavallo con papà. - aggiunse.- Dovrà sembrare un incidente. Finalmente riavrò la mia libertà.- prospettò, come se nessuno potesse sentirla.
Holden le accarezzò i capelli con aria partecipe e comprensiva. Erano una comica continua.
-Hey, stasera venite a dormire da me? I miei sono fuori fino a domani, vorrei un po' di compagnia.- propose Cecilia ai giovani Carter.
- Vieni qui da noi.- colse al volo l'occasione Quinn-chioccia.
Holden la guardò con amorevole rassegnazione.
- Verrei, ma devo tenere d'occhio un paio dei dispositivi sperimentali della mamma. Non è ancora sicura che alle quattro o alle sei, secondo il timer, non si mettano a bombardare casa dei vicini.-
-...applicazione interessante.- rilevò Holden
-Okay, allora viene anche Sallie.- decise sua moglie.
- Non sono passati quindici anni...- obiettò lui
-Per stasera può uscire.- decretò lei.
- Coerenza.- invocò Sallie con un sorriso algido.
Cecilia rise.
- Sì, beh, stasera passo a cambiarmi e a prenderti e andiamo.- decise Paul, smanioso di partire. Avviò il motore.
- Ricordati di prendere un pigiama. Intero, possibilmente.- suggerì suo padre. Ma era più una frecciata a sua moglie.
Paul sbuffò e salutò con una mano mentre si avviava verso l'uscita del ranch.
-Vado a sellare il cavallo.- dichiarò Sallie con aria svagata.- Taglierò i finimenti. Dovrà sembrare un incidente.- aggiunse, sempre come se nessuno potesse sentirla.
Quinn sbuffò una risata e cercò di rientrare evitando lo sguardo di suo marito.
-Persi.-
Non ci riusciva mai.
-Mh?-
Lui le cinse le spalle con un braccio, rassegnato e intenerito.
- Andrai a scardinare la porta o ti decidi a dare loro un po' di fiducia? Sono adulti.-
Quinn scosse il capo e con la stessa aria algida e svagata di sua figlia, come se parlasse a se stessa, dichiarò
-Non finché io sono in vita.-
søndag 8. juli 2012
Dei molti e mirabolanti modi per sputtanare ogni cosa parte I
Oak Town, 2436
Cecilia e Paul percorrevano con una certa baldanzosa dignità il sentiero diretto verso la sbronza.- Ti prego. Ti prego. Ripetilo. Non ci posso credere. Non puoi essere così scimmione.-
-Ascolta...ascolta 'cilia : frignava.- per Paul era essenziale che lei capisse. Si avvicinò alitando brandy come un drago alcolizzato. - Frignava, capito.-
- Mh. E tu le hai detto : -
-"Vieni via. Vieni con me su Greenfield se ti secca che passiamo l'estate lontani."-
- E lei ti ha detto :- Cecilia si sentiva particolarmente calata nel suo ruolo di presentatrice.
-" Che schifo. E' tutto verde. E ci sono le mucche. Puzzerà da morire."-
Cecilia ululava dal ridere e gongolava con tutti gli ultimi neuroni non ancora intossicati. Era bello scoprire che la spiegazione al suo cortex spento era migliore di qualsiasi immaginazione.
- E tu : -
-Le ho stretto la mano e le ho detto addio.- dichiarò lui eroico. Si avvicinò un po' troppo e oscillò pericolosamente mentre le passava la bottiglia. - Non si insulta Greenfield davanti a me.-
-Giusto- convenne Cecilia, le lacrime agli occhi.-L'hai piantata con una stretta di mano. Quanto sei cafone.- gli fece sapere, tracannando l'ottimo liquore.
- Ei, se mi dici così, se mi dici così - non cafone. A quello ci era abituato. Parlava della faccenda Greenfield e Cecilia lo sapeva. -....non hai capito niente, di me.-
-Niente.-
-Proprio niente.-
-Lei non ha mai capito niente di te.-
-....-
- ...io ti capisco.-
-Tu mi capisci- dovette concedere Paul.
- Solo io ti capisco.-
-Solo tu mi capisci- si trovò a convenire ancora.
Cecilia aveva labbra morbidissime e sapeva di brandy. Si baciarono con una certa perizia. Era la cosa più naturale del mondo. Aveva capelli morbidi e setosi e lui intrecciava le sue dita tra quei riccioli ribelli per attirarla a sé. Lei gli aveva allacciato le braccia al collo poco prima che finissero distesi tra l'erba. Premeva il seno piccolo e sodo contro di lui che rispondeva con un gorgoglio appagato.
Paul si accorse che il suo corpo cominciava a reagire.
Si alzò in piedi come se fosse caduto su una molla e in meno di una frazione di secondo aveva già percorso tutta la distanza fino al ponte.
-Checcavolofai.- chiese, all'improvviso lucidissimo e preda dell'ansia.
Cecilia apparve disorientata e per un momento lo cercò tra l'erba, come se le fosse appena caduto dalla tasca. Strinse gli occhi per metterlo a fuoco e probabilmente si chiese come avesse fatto ad arrivare così lontano.
-L'abbiamo giurato. Neanche da sbronzi.- non era ansia, era angoscia proprio. - Non deve mai succedere. Mai.-
Cecilia pensò che probabilmente se avesse potuto si sarebbe sfidato da solo a duello per vendicare il suo onore oltraggiato. Ce l'aveva scritto in faccia.
- Non ti piaccio.-
- Dio mio.-
- E' così- anche Cecilia frignava, un po'. Si guardò con una certa aria critica, si pizzicò un fianco e risalì con la mano fino a definire con innocenza il profilo di un seno.
-PUTTANEDAGUERRA, CECILIA- Paul aveva chiuso gli occhi ben stretti e li copriva convulsamente con le mani come se fosse stato appena accecato. - Basta così. Serata finita. Te ne torni a casa. Da sola.-
- Non mi trovi bella e desiderabile, mh?-
-Chiamo Jaden. Ti faccio accompagnare da Jaden. Lui è...temprato.-
-Sono triste.-
-Fai bene a esserlo-
-Ma perché vuoi tutte quelle sciacquette core tutte uguali? Che cosa hanno loro che io non ho, mh?-
-Hey. Che è successo?- Jaden era sceso dalla collina rispondendo al segnale con prontezza.
- Portala via.-
-...cosa?-
- Portala via.-
- Non mi trova bella. A lui piacciono i manic-
-Cecilia, per l'amor di Dio, sei ubriaca.-
-Beh, anche tu.-
Jaden Hunt guardava confuso i suoi amici. Indubbiamente discretamente ubriachi entrambi. Fu illuminato dalla luce della comprensione e ghignò. Sapeva che prima o poi sarebbe successo. Aveva scommesso con Bryce Donovan.
-Portala via, Jade.-
-Waoh-
-Portala via e sta' zitto.-
Ghignando, Jaden Hunt si caricò Cecilia in spalla pronto a scaricarla direttamente sulla soglia di casa.
- Lo rimpiangerai.- salutò lei Paul.
Lui, dal canto suo, tornò a casa perfettamente lucido e turbato e percorse al lungo il perimetro esterno dell'abitazione prima di riuscire a mettersi le cose a posto nel cervello.
Quando i Carter si svegliarono, quella mattina, scoprirono di avere un fossato intorno casa.
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