mandag 23. juli 2012

Defining us

Black Oak Ranch,Oak Town, 2437

-Dove state andando?-
Cecilia Ritter piombò alle spalle di Paul ("state" era ridondante) con una mano sul fianco.
- Puttanedaguerra.- protestò lui, trasalendo.- Sembri mia madre. E un po' anche la tua. E' inquietante, cazzo.-
- Dove vai? La festa non è finita.-
-Sì perché di solito noi restiamo fino all'ultimo. Fino alla preghiera di benedizione, eh?-
Noi. Di solito erano loro due.
Quando voleva, Paul sapeva essere cattivo.
No, non è vero. Era una cattiveria stolida e infantile, riuscita male.
-Comunque. Stiamo andando verso il fiume. Vieni? Oh, aspetta. Devi chiedere il permesso.-
Appunto.
- Quella che ti stai portando dietro è una cretinetta di Capital City che vuole solo divertirsi.-
- Ma va'.-
- E' venuta qui con Mary Keller.-
-Che è già sulla collina con Jaden, perciò...se hai finito il terzo grado, io andrei.-
Cecilia seguì le lunghe gambe di Paul scavalcare lo steccato con gli occhi stretti stretti e cattivi.
Quella era cattiveria come si deve.
- Gli verrà la sifilide.- decise.
- Non è un po' cattiva? Finisce che poi ha conseguenze sul cervello e ...no, non me lo ricordo, era l'esame complementare di malattie della Terra-che-fu.- Tristan emerse dall'ombra indolente, le mani nelle tasche.
Cecilia sghignazzò, voltandosi a guardarlo.
- Dovrebbe avercelo un cervello prima.-
-Mmmm- lui le offrì una sigaretta e gliela accese, prima di fare lo stesso con la sua.-Non è che tante volte sei nel posto sbagliato con la persona sbagliata?- chiese, tranquillo. Sembrava quasi più curiosità, la sua. Anche se Cecilia vedeva la patina sottile ed educata di irritazione che lo ricopriva ogni volta che aveva a che fare con Paul.
- Regola numero uno: Paul Carter sarà sempre giusto in mezzo tra me e te come tra me e chiunque altro.-
Tristan allargò le mani.
-Comandi, signora. Esiste una regola numero due?-
-Ci saltiamo la benedizione finale e andiamo a pomiciare al granaio.-
Tristan ridacchiò piano. Strinse la mano affusolata di Cecilia nella sua e la seguì, completamente in balia delle sue regole.

-Mi hai portata qui ssssolo per il ssssesso.- dichiarò allegra l'amica di Mary Keller.
-Dio mio, no.- le assicurò depresso Paul. Buttò giù un altro sorso di una birra troppo leggera mentre non le prestava attenzione. Più che altro, le lanciava di tanto in tanto un occhio per assicurarsi che non finisse nel fiume ubriaca da sprovveduta core quale era.
-Mmm e allora com'è che continui a farmi bere.- disse lei, l'occhio languido, l'equilibrio anche.
-Nella speranza che tu chiuda il becco.- le spiegò lui con dolcezza. Tanto la mattina dopo l'avrebbe dimenticato. Lei.
Lui se la sarebbe ricordata abbastanza da tenere a mente che doveva girarle alla larga. Lei e quella scema dell'amica sua.
Non aveva nessuna intenzione di accollarsi la forestiera, se ne stava andando al saloon in santa pace.
Ma poi...era stato precipitoso e Cecilia era stata determinante nel direzionare la sua fuga.
-Che accidenti vuole, ha il suo dottorino.- borbottò. L'amica di Mary Keller si lisciava i lunghi capelli da sirena. Si era seduta tra l'erba con fare regale. Per il momento era innocua.
Jaden avrebbe pagato, se mai fosse sceso dalla collina.
Gli sembrava di vedere un holofilm che cominciasse da un punto errato e proseguisse un po' a ritroso e un po' no. Era tutto sbagliato. Lui doveva essere sotto la Quercia con qualcun altro, rilassarsi, essere felice, godersi l'estate e non pensare a niente. E bere roba migliore di quella.
Fortunatamente non c'era lì un Tristan a fargli la domanda.
La risposta sarebbe stata sì: era nel posto sbagliato con la persona sbagliata.

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