onsdag 11. juli 2012

Dei molti e mirabolanti modi per sputtanare ogni cosa parte III


Oak Town, 2436


-Grazie, ciao.-
Sallie Carter balzò giù dalla jeep con un certo entusiasmo, pronta ad andarsene di gran carriera.
- Fai almeno finta di entrare in casa da 'cilia?- chiese suo fratello esasperato. Aveva le guance arrossate e gli occhi gonfi per il sole del giorno. Trovava un certo sollievo nell'aria mite del crepuscolo.
Sallie alzò lo sguardo al cielo con aria di sopportazione, percorse saltellando il viale, abbracciò Cecilia sulla porta e le girò intorno mentre lei rideva giusto per entrare, alla lettera, in casa. E uscirne rapidissimamente.
- A domani, ciao!-
- Sallie, non alla radura! Vengo a controllare!- Paul si sentiva un po' responsabile. Sua sorella gli mostrò con garbo un dito medio. Assorbiva sempre il meglio, da Cecilia.
- Quanto sei rompipalle, Carter.- Cecilia lo aspettava sulla soglia di casa Ritter e allungò una mano per aiutarlo con i vettovagliamenti. Anche lei aveva il viso stanco, arrossato e disteso dopo quella giornata piena. -Lasciale godere la sua serata di libertà.-
Paul le puntò contro un dito ammonitore con un'espressione così squisitamente severa che lei rise.
Lui rinunciò a dire qualsiasi cosa.
- Siamo riusciti a tenere la mamma lontana dalla cucina, è tutto sicuro.- la informò lui, sbirciando la cena nei contenitori. - Ma forse dovremmo uscire anche noi e vedere che cosa combina quella sciagurata.- ipotizzò, con l'aria di un tragico eroe.
-Forse dovremmo restare a vedere la partita e lasciarla in pace.-  decise Cecilia.
Paul grugnì qualcosa, rassegnato, e affondò pesantemente nel divano col rischio di sgangherarlo nei quattro pezzi base. Cecilia lo raggiunse immediatamente sventolando con orgoglio una bottiglia di ottimo bourbon.
Senza scomporsi più di tanto, Paul gliela tolse di mano. Si assicurò che fosse ben chiusa e con una spinta delicata la mandò a rotolare sul pavimento lontano da loro, finché non si fu incastrata contro il frigo.
La guardò con impunito candore, ficcandosi in bocca una vangata di popcorn.
Cecilia provò, inutilmente e nell'ordine, a soffocarlo con un cuscino e ad alzarsi per riprendere la bottiglia.
- Sei rimasto tanto traumatizzato?- cantilenò, schiacciata contro il divano da un braccio/sbarra di Paul.
- Non sento la partita.- le spiegò lui, infilandosi in bocca altro cibo.
- Ohh, ma sei un ragazzo così sensibile e innocente- civettò lei avvicinandosi a lui in maniera molesta. Paul la allontanò con un braccio mentre continuava a guardare la partita.
-...quindi hai deciso di non bere più per paura che finisca male?- Cecilia,contrariata al solo pensiero, aggirò il braccio e gli si accollò su una spalla.- Può finire male anche se siamo sobri...- gli fece presente, suadente.- Poi dovrai farmi bere per tenermi buona...- prospettò. Baciò il collo di Paul con aria dispettosa.
Lui non si lasciò intimidire. Le afferrò il mento con la mano libera e le voltò il viso verso l'holoproiezione.
Cecilia si divincolò e lui le circondò il collo col braccio, come se volesse strangolarla.
- Sono il guardiano della tua virtù- le spiegò confidenziale.
Cecilia tentò di protestare e lui le infilò una manciata di popcorn in bocca.
-Shhhh. Partita.-
Solo quando ebbero smesso di ridere il braccio d'acciaio di Paul si spostò dal collo alle spalle di Cecilia.

Quando Paul si svegliò la partita era finita da un po' e cronisti in holoproiezione commentavano l'ennesima vittoria firmata Starship Troopers. Era distrutto dopo la giornata al lago.
Anche Cecilia era crollata e gli era scivolata sulla spalla. Si accorse che la stava ancora cingendo con un braccio in maniera significativamente protettiva. E possessiva.
Prima che potesse rendersene conto e provare una stretta allo stomaco, stava già sorridendo come un imbecille di fronte al profilo di lei. Accidenti, se era bella.
Conviveva col magone dalla notte precedente, ma se ne era reso pienamente conto solo al lago. Con Cecilia faceva sul serio. Ecco perché aveva un disperato bisogno di mantenere le distanze. Cecilia era importante come nessuna. Non era di quelle che si congedano con una stretta di mano e nessun rimpianto. Lo aveva sempre saputo.
Le accarezzò i capelli con delicatezza. Lambì con un dito la bocca disegnata senza riuscire a togliersi dalla testa quel bacio.
Che cosa Cecilia provasse per lui era un'altra enorme, spaventosa incognita. La complicità, l'abitudine alla vicinanza, la familiarità, non gli consentivano di capirlo con certezza.
Eppure, nella sua parte più profonda, sapeva di avere una risposta. Di averla sempre avuta.
Le sorrise quando lei aprì gli occhi. Le sfiorò una guancia con tenerezza.
Lei non disse niente. Sorrideva, per una volta in pace col mondo. Nessun guizzo irrequieto nello sguardo felino. Sembrava appagata mentre lo inghiottiva nella profondità di quel verde.
Doveva proteggerla. Non avrebbe permesso a nessuno dei due di sputtanare tutto. Non poteva permettersi di perderla. Era il guardiano della sua virtù.
Con una stretta agrodolce gli venne in mente un'espressione che suo zio citava sempre: la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. In qualche modo lo aveva sempre saputo: era l'unica strada percorribile.
E Cecilia aveva labbra così morbide anche quando non sapeva di brandy...

Sebbene entrambi fossero svegli, nessuno dei due aveva detto una parola.
Paul continuava a cingerla con un braccio. Di nascosto, teneva il naso affondato nei suoi capelli mentre si arrotolava i riccioli ribelli intorno a un dito.
Avevano dormito così tante volte. Solo, sempre rigorosamente con qualcosa addosso.
- Abbiamo sputtanato tutto?-
Cecilia aveva sempre la voce un po' roca, quando si svegliava, e a lui questa cosa piaceva.
- Abbastanza - rispose placido. Probabilmente non aveva ancora una coscienza. O non era ancora sveglia.  Ma nella pace dell'incoscienza non riusciva a considerarlo uno "sputtanare tutto". Erano andati dov'era inevitabile che andassero. Ed era stato tutto così naturale, e puramente bello, che non riusciva a pensare fosse qualcosa di male. Come tutto il resto, anche i loro corpi si completavano alla perfezione.
-Smettila di toccarmi le tette.-
-....ah. Scusa. Sentivo piatto, pensavo fosse il tavolino.-
Davvero. Mentre rideva e si difendeva dal cuscino, e la stringeva forte, fino in fondo al suo buon odore, non riusciva a pensare ci fosse qualcosa di sbagliato.
- Ti fa strano?- le chiese, languido e sereno, dimenticando di essere quello che con orrore neanche ventiquattro ore prima le aveva chiesto come avrebbe potuto guardarlo dopo.
-...neanche troppo.-
-Neanche troppo.-
-...forse dovremmo solo...-
-Infatti.-
-...è solo sesso.- dichiarò Cecilia con eroica convinzione.
Paul aprì piano un occhio sul suo profilo, la fronte aggrottata.
-Solo sesso.- convenne, sdraiandosi sulla schiena e lasciandole davvero poco spazio.
-...non rischiamo di rovinare niente.-
- Niente.-
-...possiamo smettere quando vogliamo.-
-Okay.-
-...-
-...-
-...infatti.-
-Visto che è solo sesso, che ne dici se ripetiamo...?-
-Maiale.-
-Ti pareva.-
- Dovremmo smetterla.-
-Possiamo farlo quando vogliamo.-
-...maiale.-
-Smettere, dicevo.-
Quell'estate dimostrò loro più volte che le buone intenzioni da sole non bastano.

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